Veneti nella Capitale
Lacrime e sangue nel racconto della Grande Guerra
L'associazione
Uniti nella Memoria è venuta da Padova a Roma, al teatro Quirino,
per regalarci un rabcconto teatrale della Grande Guerra, in occasione
della ricorrenza del Centenario. Il titolo dello spettacolo “Spero
che io torni presto” prende spunto da una lettera che un soldato
scrive alla moglie e a cui affida appunto l'augurio “spero che io
torni presto”. E uno
spazio infatti molto significativo della rappresentazione teatrale è
occupato dalle lettere.
La popolazione era in gran parte analfabeta,
eppure i postini lavoravano tantissimo a consegnare missive
commoventi e cariche di sentimenti. Una
pagina della nostra storia così vicina a noi eppure così lontana e
poco nota. Sì, si studia a scuola, c'è il ricordo dei racconti dei
nostri nonni ma furono talmente tanti i giovani che sacrificarono la
loro vita, ognuno con la sua storia, che quella pagina diventa un
libro, o meglio un'enciclopedia con tanti capitoli, racconti,
sfumature e interpretazioni.
La
rappresentazione teatrale inizia con la cerimonia dell’alzabandiera
alla presenza dell'unica vedova italiana superstite, Palma De Luca
Viola, moglie della Medaglia d’Oro al Valor Militare Ettore Viola e
Maurizio Gonzaga nipote di Ferrante, ai cui meriti di guerra furono
conferite ben due Medaglie d’Oro e tre d'Argento.
Come
spiega Giulia Pasquazi, l'ideatrice del progetto che ringraziamo,
per fare i rievocatori storici si studia, ci si prepara con impegno e
diventa una vera e propria professione. In scena i rievocatori
storici offrono agli spettatori uno spaccato puntuale e preciso,
con un attento lavoro di documentazione, della vita di trincea con
dialoghi, lettura di lettere, filmati e canti che accompagnavano le
lunghe marce e le fredde notti.
In scena una voce narrante racconta
gli avvenimenti del fronte mentre i rievocatori in uniforme storica
danno forma e voce ai protagonisti che vissero in prima persona quei
momenti drammatici.
Alcuni testi sono letti in dialetto proprio per
sottolineare l'identità di un mondo contadino e per meglio
rappresentare i disagi dei soldati in guerra per i quali la famiglia,
il lavoro della terra e le proprie tradizioni erano valori
fondamentali a cui aggrapparsi.
Ma lo spettacolo non dimentica di
dare voce anche al nemico. Con lettere e brani di diari si parla
anche dell'esercito Austro -Ungarico, uomini costretti a combattere
contro altri uomini con i quali in un periodo di pace avrebbero
invece volentieri mangiato e bevuto insieme.
La tragedia della guerra
viene così rappresentata in tutta la sua drammaticità e il pubblico
non può che esprimere la commozione con un lungo applauso e qualche
lacrima.
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